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ToggleLa Cannabis è una pianta dalle mille risorse e particolarità. Dal punto di vista scientifico, nulla di sconvolgente: esiste sempre e solo una sola denominazione che fa riferimento alla specie della Cannabis Sativa L., dove la lettera L non sta per un’abbreviazione botanica ma è l’iniziale di colui a cui si deve la nomenclatura bonominale nei cataloghi di specie, Carlo Linneo (all’anagrafe Carl Nilsson Linnaeus).
Nel 1750 Linneo nell’individuare le varietà di cannabis concluse che ne esisteva solo un tipo che chiamò, appunto, Cannabis Sativa L.; ma nel 1785 il botanico francesce Jean-Baptiste Lamarck individuò una variante alla sativa che denominò Cannabis Indica. Da qui nasce l’inghippo: esistono differenze? Perché coltivare l’una o l’altra?
Nella sostanza le differenze tra indica e sativa esistono e non sono poche; per cui possiamo sostenere che Lamarck non avesse tutti i torti nel diversificare la specie.
All’interno di quello che in gergo viene chiamato “lo spettro” della pianta, le differenze tra erba indica e sativa possono variare dall’habitat di crescita, alla qualità della marijuana, fino ai suoi effetti.
La marijuana sativa ha origine dalle zone pluviali, calde e umide. I primi terreni fertili per la Sativa sono stati (e continuano a essere) quelli dell’America Centrale, Brasile, Cambogia, Colombia, e in generale tutto il Sudamerica. A partire dagli anni ’60 e ’70 i semi della sativa vennero lavorati in California, da cui si presume finirono in Europa, attraverso viaggi transoceanici, da qui nacquero diverse genetiche moderne del seme, sostanzialmente incroci.
La marijuana indica invece ha origine medio orientale, nelle zone montuose dell’Hindu Kush e in quelle aride e desertiche presenti in Pakistan, Afghanistan, Tibet e Nepal, e, soprattutto, in India (da cui il nome indica). Veniva utilizzata in grandi quantità dal popolo indiano soprattutto per scopi religiosi e lenitivi.
Come già accennavamo, anche a livello strutturale le specie di cannabis indica e sativa sono diverse.
La cannabis sativa ha un fusto alto, è più pulita, ovvero presenta meno ramificazioni e meno fogliame, con spazi intermediali ampi. Le sue foglie sono lunghe e affusolate, a forma di lancia. Di solito vengono utilizzate in coltivazioni outdoor e possono raggiungere altezza superiori i 5-6 metri e continuare a crescere anche durante il periodo della fioritura. All’essiccazione emanano un odore dolce e poco marcato.
Per quanto riguarda la fioritura: la canapa sativa ha tempi più lunghi e la maturazione dei suoi “boccioli” può durare fino a dieci settimane, anche se la crescita vegetativa che precede la fioritura è più veloce rispetto alla indica (che però matura i fiori più rapidamente).
Alla coltivazione, la marijuana sativa richiede molto spazio e tanta luce (per questo è consigliato l’outdoor) ed è più delicata dell’indica poiché possiede geneticamente meno clorofilla. Questo si ripercuote anche in fase di coltivazione, obbligando il coltivatore a prestare molte più attenzioni e cure a una pianta sativa rispetto alla marijuana indica.
La cannabis indica è più piccola e presenta sull’arbusto principale tante ramificazione e fogliame denso, con foglie larghe. Gli odori dei fiori sono di diverso tipo ed emanano fragranze diverse dal classico odore della marijuana, più decise e persistenti.
Al contrario della sativa, la canapa indica è, dal punto di vista della coltivazione, una specie più grezza. É una pianta più forte, non ha la forma di alberello della canapa sativa (è più tozza e ramificata) e questo fatto la protegge da intemperie e insidie presenti in natura. Da sola è capace di catturare tanta luce e ha bisogno di poco spazio per crescere e di poco tempo per fiorire (dopo sette settimane può già arrivare a maturazione). Per questi motivi consigliamo la canapa indica a coloro che vogliono coltivare pur avendo poche risorse di tempo e spazio.
Il modo migliore per individuare gli effetti delle due diverse varietà di erba è conoscere la loro miscela di cannabinoidi e terpeni.
Effetto “fattanza” ed effetto “psichedelico” sono i due livelli opposti che si possono attraversare se si fa uso di cannabis indica o sativa.
La cannabis indica induce a uno stato di sonnolenza, il cosiddetto effetto stoned . La percezione generale è che l’indica offra uno sballo piatto e rilassante.
Sappiate che, per genetica, la marijuana indica ha un basso livello di THC e un’alta concentrazione di CBD e questo aspetto rende questa tipologia di cannabis particolarmente adatta ad un utilizzato anche in campo medicinale per obiettivi affini al rilassamento mentale e muscolare, alla diminuzione del dolore acuto, all’aumento dell’appetito, alla diminuzione del senso di nausea e all’induzione del sonno.
La cannabis sativa invece induce ad uno stato semi-euforico, stimolante, più vicino a un leggero effetto psichedelico, che nel gergo specifico viene definito stato di high.
La percezione generale è che fornisca uno sballo più energizzante e creativo, anche se in alcune persone può provocare ansia.
Mettendo da parte le teorie generali, è importante ricordare che gli effetti psicotropi e umorali della cannabis sono sempre soggettivi e cambiano da individuo a individuo. Come indicazione di massima, diciamo che se siete alla ricerca di un momento creativo o di festa è meglio un’erba sativa; in caso vogliate cercare una comfort zone a fine giornata allora meglio optare per l’erba indica.
Diversamente la marijuana di tipo sativa è, sempre in campo medico, indicata per il miglioramento degli stati depressivi, il trattamento del dolore cronico, l’aumento dell’attenzione, della concentrazione e dell’apprendimento (a causa dell’accrescimento di serotonina), e diminuzione della soglia della fatica.
Come sempre la cannabis, sativa o indica che sia, è una fonte inesauribile di ricchezze da scoprire.
A voi la scelta della tipologia che preferite, l’importante è essere consapevoli di cosa scegliete.